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GIULIO TURCATO

MANTOVA 1912 - ROMA 1995

“Ho immaginato i colori oltre lo spettro, colori che non si vedono, ma si percepiscono con l’effetto di accostamenti anche in termini estremi, colori inventati perché vaganti nell’aura terrestre e anche oltre”
Giulio Turcato

Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo 1912 e all’età di otto anni si trasferisce con la famiglia a Venezia, città d’origine dei genitori, dove frequenta il liceo artistico e poi la Scuola libera del nudo.
A ventidue anni si arruola e viene inviato a Palermo dove contrae la tubercolosi, malattia che lo perseguiterà per una decina d’anni con attacchi ricorrenti di polmonite che lo costringono al riposo.
La stretta relazione con la malattia gli rivela il mondo biologico dell’invisibilità. Microbi, batteri e filamenti invisibili all’occhio nudo ricorrono così nelle sue opere successive quali Composizione biologica o Batteriologico del 1960.


Lavora nello studio dell’architetto Giovanni Muzio, sostenitore insieme a Giò Ponti di una nuova architettura. Incontra gli artisti di Corrente, il gruppo di intellettuali antifascisti che conta tra i suoi membri Elio Vittorini e Renato Guttuso e insieme a loro nel 1943 entra a far parte della Resistenza, trasferendosi a Roma dove contribuisce a distribuire copie de “l’Unità”.
Nell’agosto 1944 il quotidiano comunista sponsorizza la mostra L’arte contro la barbarie alla Galleria di Roma, dove Turcato reinterpreta, insieme ad altri artisti, famosi quadri rivoluzionari.

Nel decennio che segue la Liberazione, Turcato è in contatto con gli sviluppi artistici dell’avanguardia e con il mondo artistico internazionale. Nel 1946 in un viaggio a Parigi finanziato dall’organizzazione comunista Fronte nazionale della gioventù gli apre l’orizzonte dell’avanguardia internazionale che contempla artisti quali Arp, Picasso e Kandinsky.
Con i compagni di viaggio tra cui Carla Accardi, Pietro Consagra e Piero Dorazio, Turcato fonda il gruppo “marxista e formalista” Forma 1 (1947), che mette in discussione la posizione degli intellettuali comunisti sull’arte figurativa. Turcato fu chiamato alla prima Biennale di Venezia postbellica, nel 1948, quando espose nel Padiglione italiano quattro pitture astratte, parte della serie Composizioni.

Con il crescere della tensione della guerra fredda, nell’opera di Turcato si manifesta una frizione intrinseca tra la sua adesione al Partito comunista e il desiderio di scambio con il nuovo centro dell’arte contemporanea: New York.
Nel 1956 al ritorno dai sei mesi trascorsi in Cina nel viaggio per artisti finanziato dal pci, Turcato dipinge Deserto dei Tartari e inizia la serie dei Reticoli. Quell’anno lascia il partito per la mancanza di libertà nell’espressione artistica. La fama di Turcato cresce a mano a mano che la sua opera si rivolge all’astrazione e alla sperimentazione con il colore, la fluorescenza e la forma: nel 1958 gli viene dedicata una intera sala alla XXIX Biennale di Venezia; nel 1959 espone a Documenta II; e nel 1961, con il sostegno di Giulio Carlo Argan, la New Vision Centre Gallery di Londra gli dedica una personale.

Turcato comincia a includere nelle sue opere dollari falsi, come le banconote di Composizione argento con dollaro del 1962, l’anno che si reca a New York. Ma più dell’economia sarà l’astronomia a colpire l’immaginazione dell’artista, il volo spaziale.

Nel 1964 Turcato produce la prima delle sue Superfici Lunari, fatta di strisce riciclate di materassi di gommapiuma ad imitazione della superficie butterata della Luna. Lo stesso anno si sposa con la cineasta Vana Caruso.

Artista di fama internazionale, Turcato espande i propri confini creativi: continua a cercare di dipingere i colori “oltre lo spettro” nei Cangianti e comincia a progettare gioielli e scenografie che culminano nella coreografia di danza moderna Moduli in Viola/Omaggio a Kandinsky.
Questo fu messo in scena per la prima volta durante la Biennale di Venezia del 1984 al Teatro Goldoni su musiche di Luciano Berio e coreografia dell’attore e ballerino Min Tanaka. Nel 1985 ci fu la rappresentazione al Teatro Antico di Taormina con la coreografia di Yamanouchi.
I dipinti di Turcato degli anni ottanta e primi novanta cercavano in continuazione un’altra dimensione nelle sperimentazioni col colore, le consistenze dei materiali, le tecniche e gli elementi sculturali.

L’ultima personale dell’artista, Vedendo, risale al 1992 ai Banchi Nuovi a Roma dove mise in mostra gli ultimi bei quadri della sua produzione come Dune e Le Pacte Signal.
Nel 1994 le sue opere furono incluse nella mostra di Germano Celant The Italian Metamorphosis: 1943 – 1968 al Museo Guggenheim di New York. Poco dopo la chiusura della mostra un obituario appare in The New York Times: Giulio Turcato, ‘membro prominente dell’avanguardia italiano del dopoguerra’, muore all’età di 83 anni il 22 gennaio 1995 nella sua casa a Roma in Via del Pozzetto.
Si era trasferito lì dallo studio nella “piccola qasba” di via Margutta dove aveva vissuto nei primi anni romani.